Carla Molinari

Il segno sopra ogni cosa

112CG1 Strana andatura

Angelo Molinari è un pittore. Difficile, forse addirittura erroneo, definirlo altrimenti. La sua è una carriera ormai lunga e corposa, segnata da una ricerca che, dopo le prime e necessarie sperimentazioni giovanili, si è sempre mostrata chiara, cristallina. Una ricerca pittorica, appunto, che lo ha guidato nella definizione di un segno sempre più attento e preciso, strutturato in composizioni che aspirano a perfetti equilibri cromatici e geometrici.

Eppure, questa etichetta di pittura, automaticamente affidata alla sua opera, sembra essere più volte messa in discussione durante il percorso dell’artista. La carriera di Molinari è infatti caratterizzata da un costante interesse per materiali e supporti vari, dalle ceramiche degli anni Novanta ai vetri degli anni Duemila, che si susseguono quali apparenti aperture a nuovi orizzonti artistici. In realtà, nonostante i cambi e le differenziazioni, la sua opera, il suo gesto, rimangono fortemente pittorici. Come una corrente, come un fiume prorompente e invasore, il segno si imbatte con tutta la sua forza sui nuovi materiali, si muove sulle diverse superfici, declinando il suo essere materia, ma mantenendo la sua essenza estetica.

In questi ultimi anni Molinari scopre il rame, il ferro, il metallo, il cartone. Supporti che non bisogna intelaiare ma si possono invece modellare, portandolo ad un lavoro intenso, potente. Le lamiere impongono un trattamento diverso, il segno per lasciare traccia deve essere più profondo e brutale. Le azioni dunque vanno oltre la superposizione di traccie pittoriche e diventano l’incisione, la foratura, la saldatura, fino all’estremo dell’intervento naturale: la volontà di lasciare agire il tempo sull’opera, un segno sul segno.

Queste opere raccontano chiaramente la sensibilità dell’artista nei confronti della materia, una sensibilità che lo porta a trattare in modo armonico e sempre efficace ogni tipo di supporto su cui il gesto si configura. La ricerca pittorica non è mai abbandonata, il segno è sempre chiaro e riconoscibile, reso ancora più forte in queste variazioni materiche che lo modellano, lo distorgono, lo scompongono, ma mai ne modificano la vera essenza estetica e concettuale. Ad ogni materiale Molinari sembra saper abbinare le azioni più adatte ed efficaci alla propagazione del suo segno.

La ricerca con questi nuovi materiali avviene anche grazie all’incontro con l’ingegnere Stefano Pagani che lo ha coinvolto nella realizzazione di alcune lamiere a decorazione di un edificio nel centro della città di Intra, e che ha dunque costretto l’artista al confronto diretto con l’architettura, con lo spazio e tutte le sue dimensioni. Nelle ultime opere Molinari sembra infatti spingersi oltre tramite la piegatura di questi supporti metallici, applicata d’altronde anche alle carte e ai cartoni. Il segno in questo processo non coinvolge più solo la materia, non corrompe più solo l’elemento fisico e non è più semplice azione superficiale applicata, ma entra nella struttura stessa del materiale e ne modifica la volumetria.

Esattamente come nella classica dimensione pittorica della tela, il segno si sovrappone, si articola in strati diversi posti in successione, azioni che si strutturano tramite una storia visiva in successione, invadendo le superfici e creandone di nuove. Così nelle piegature, come una forza invisibile, il segno sembra invadere un nuovo livello, un nuovo strato di profondità della materia corrompendone la spazialità. Il segno diventa spazio, e quindi tempo. L’opera cambia a seconda delle percezioni possibili, offre nuovi significati all’esperienza e lancia, forte, il segno in una dimensione sconosciuta.

 

Carla Molinari

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